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STORIA DELLA MEDICINA

La Battaglia di Lepanto. (Marco Rossi ©)

Introduzione
Nel XVI secolo l’Impero Ottomano raggiunge la sua massima espansione: domina il Mediterraneo, si espande in Nord Africa e nei Balcani, arriva ad un passo dalla conquista di Vienna, minaccia la Spagna e le coste Italiane.
Di fronte al pericolo ottomano, nonostante le divisioni tra i grandi Stati europei, la Cristianità trova l’unione sotto l’impulso di Papa Pio V nella Lega Santa.
All'alba del 7 ottobre 1571 ha inizio nelle acque di Lepanto, nel golfo di Corinto, una delle più grandi e cruente battaglie navali della storia, che vede contrapposte la flotta cristiana e quella turco-ottomana.
La vittoria cristiana ha un’importanza estrema: segna l’inizio del declino dell’Impero Ottomano e rappresenta la salvezza per l’occidente cristiano minacciato dalle mire espansionistiche turche.

Inquadramento storico
Il XVI secolo è dominato da contrapposizioni e rivalità tra i grandi regni di Francia e Spagna, dai commerci verso oriente delle repubbliche marinare (prime fra tutte Venezia) e dalla continua minaccia espansionistica dell’Impero Ottomano verso occidente.
Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, è impegnato nel mantenere l'unità dell'Impero.
La diffusione della cultura umanistica con la decadenza della scolastica e la nascita del neoplatonismo, la riforma protestante di Martin Lutero, l'esilio del papato ad Avignone e il lungo scisma, contribuiscono a minare l’unità dei cristiani e il prestigio della Chiesa.
La Chiesa risponde con il Concilio di Trento, operando un processo di rinnovamento e riaffermando le verità dogmatiche minacciate dall'errore protestante.
La Francia, che persegue una politica antiasburgica, spesso appoggia i principati protestanti e assume un atteggiamento di neutralità nei confronti dell’Impero Ottomano, in piena espansione nel Mediterraneo e nei Balcani.
Venezia è impensierita dalle minacce e dagli attacchi che i Turchi Ottomani sferrano alle sue basi commerciali nello Ionio e nell'Egeo.
La Spagna deve fronteggiare la presenza musulmana nel bacino occidentale del Mediterraneo.


L’Impero Ottomano
Già dalla fine del XIV secolo, l'espansione Turco-Ottomana si è fatta sempre più minacciosa ed inarrestabile, sia sul fronte occidentale che nel Mediterraneo.
Tra il 1389 e il 1418 i turchi conquistano il Kossovo e l’Albania spingendosi fino ai confini dell’Ungheria. Nel 1430 conquistano Salonicco.
Il 29 maggio 1453 Mehmet II conquista Costantinopoli decretando la fine dell’Impero Romano d’Oriente.
Le conquiste proseguono nel Mediterraneo e nel 1480 gli Ottomani sbarcano ad Otranto. Nel 1522 conquistano Rodi sconfiggendo i Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme e nel 1529 giungono sino alle porte di Vienna.
Nella seconda metà del secolo XVI l’Impero Ottomano domina la Grecia, l'Albania, la Serbia, la Bosnia, l'Ungheria, la Transilvania, la Moldavia e la Valacchia, e proseguono le incursioni verso le coste dalmate e italiane del versante adriatico.
Nel 1565 fallisce il tentativo di Solimano il Magnifico di conquistare l’isola di Malta, sede dell’Ordine Militare dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme, e base strategica per le navi dirette in Terra Santa.


Papa Pio V e la Lega santa
Papa Pio V, salito al pontificato all'inizio del 1566, si adopera per appianare i contrasti tra le potenze cristiane e per unirle contro le mire espansionistiche dell’Impero Ottomano.
Nel 1569 scoppia la rivolta dei musulmani di Granada, estesasi a gran parte dell'Andalusia e repressa con non poche difficoltà dalle forze spagnole sotto la guida di don Giovanni d'Austria, fratellastro del re di Spagna Filippo II e figlio di Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero.
Contemporaneamente Tunisi cade in mano musulmana e nel 1570 i Turchi si apprestano ad attaccare la veneziana Cipro, proprio quando l’Arsenale viene quasi completamente distrutto da un incendio.

La conquista di Cipro e il martirio di Marcantonio Bragadin
Nel luglio 1570 i Turchi sbarcano a Cipro e nel settembre conquistano la capitale, Nicosia.
La resistenza cristiana continua nella città di Famagosta, sotto la guida del veneziano Marco Antonio Bragadin. Dopo un anno di eroica resistenza, il 2 agosto 1571 il Bragadin concorda con il comandante turco Mustafà Lala Pascià la resa, con l'assicurazione della salvezza per tutti gli assediati.
Mustafà Lala Pascià, contravvenendo ai patti, fa massacrare gli abitanti (uomini e bambini vengono fatti a pezzi a colpi di scimitarra, le donne violentate ed inviate agli harem di Istambul), fa decapitare gli uomini di Bragadin e riserva a quest’ ultimo un orrendo supplizio.
Dopo essergli stati mozzati naso e orecchi, viene torturato per oltre 10 giorni e quindi al ritmo dei tamburi e dei flauti, di fronte ad una folla esultante, venerdì 17 agosto viene scorticato vivo.
Dileggiato e deriso dal Sultano che gli chiede perché Gesù Cristo il Salvatore non venga in suo aiuto, il Bragadin risponde, senza mai emettere un grido di sofferenza, recitando il Miserere.
Alla fine del supplizio la pelle del Bragadin viene riempita di paglia e l’orrendo fantoccio innalzato sulla galea di Mustafà Lala Pascià insieme alle teste di Alvise Martinengo e Gianantonio Querini. I macrabri trofei vengono poi inviati a Costantinopoli, esposti nelle strade della capitale ottomana ed infine portati nelle prigioni per impressionare i prigionieri cristiani.

La flotta cristiana e quella turca
La caduta di Cipro ed il martirio di Marcantonio Bragadin suscitano orrore e profonda impressione tra i cristiani.
La sorte dei cristiani di Cipro è quella che l’Islam sembra preparare ai cristiani di tutta Europa.
Finalmente Pio V con tenacia e profonda convinzione, smussando rivalità e divisioni tra i vari stati, riesce a costituire una vera e propria lega contro il pericolo ottomano: viene costituita la Lega Santa, ma in ritardo per poter salvare Cipro.
Il comando militare della flotta viene affidato a Giovanni d'Austria, figlio naturale di Carlo V e fratellastro del re di Spagna Filippo II. I suoi luogotenenti sono Marcantonio Colonna, comandante della flotta pontificia e Sebastiano Venier, comandante della flotta veneziana.
La flotta cristiana è costituita da 208 galee; il maggior contributo è fornito dalla Serenissima con 104 galee più 6 galeazze (56 galee sono sotto il comando del re di Spagna, 12 inviate da Cosimo I dei Medici, 12 fornite dallo Stato Pontificio, 3 dai Cavalieri di Malta).
Gli equipaggi sono costituiti da circa 30000 uomini tra soldati e marinai. Sulle galee e sulle galeazze sono imbarcati 1815 cannoni.
Una novità per l’epoca è rappresentata dalle galeazze, grandi fortezze galleggianti con propulsione a vela e a remi, corazzate e munite di 40 o più cannoni sui quattro lati, in grado di sparare proiettili da 13 chilogrammi in coperta e da 23 chilogrammi da sottocoperta.
La flotta cristiana riunitasi a Messina il 24 agosto 1571, salpa il 16 settembre dirigendosi verso Corfù. Le navi esploratrici confermano che la flotta turca è nei pressi del golfo di Lepanto.
Anche i Turchi si stanno preparando allo scontro.
Allestiscono una flotta di 230-250 galee e 100 navi da rifornimento e supporto. Il numero di cannoni presenti sulle navi è di 750.
Molti dei capitani delle navi sono greci o veneziani rinnegati, mentre i rematori sono cristiani catturati e ridotti in schiavitù.
Il comandante della flotta è Mehemet Alì Pascià.
Prima di fare rotta verso Lepanto, parte della flotta era andata a sostenere il famoso e tragico assedio di Famagosta a Cipro. Un'altra parte della flotta si era diretta verso Creta e quindi verso Zante e Cefalonia, dove erano stati catturati 7.000 cristiani per poi impiegarli ai remi sulle galee.
Quindi i Turchi si impadroniscono di Corfù, Durazzo, Valona, Dulcigno, Antivari, Lesina (odierna isola di Hvar), Curzola (odierna isola di Korcula), Zara e altre città della Dalmazia.
A giugno la flotta si apposta minacciosa a Lepanto (odierna Naupaktos) nel golfo di Corinto.
Da Lepanto infatti la flotta turca può attaccare la costa italiana in qualsiasi momento.

Prima della battaglia
Il 5 ottobre la flotta cristiana si ferma a causa di una fitta nebbia nel porto di Viscando, non lontano dal luogo della battaglia di Azio. Un brigantino porta la notizia della caduta di Famagosta e dell'orribile fine inflitta dai Turchi al senatore veneziano Marco Antonio Bragadin.
Lo scontro è vicino e grande è il desiderio di vendetta. I soldati della Lega Santa sanno che la battaglia è decisiva per la Cristianità: in caso di sconfitta le coste di Italia e Spagna sarebbero esposte agli attacchi dei musulmani. L’Europa è in pericolo.


Lo schieramento della flotta cristiana
La flotta della Lega Santa entra nel golfo di Corinto: è domenica 7 ottobre.
Giovanni d'Austria fa schierare le navi con una formazione a croce.
Al centro si trova Giovanni d'Austria con 64 galee, supportato dall’ammiraglia del comandante veneziano Sebastiano Venier e dall’ammiraglia pontificia di Marcantonio Colonna.
L'ala sinistra dello schieramento viene affidata ai veneziani sotto il comando di Agostino Barbarigo supportato da Marcantonio Querini.
All'ala destra si schierano le galee sotto il comando del genovese Gian Andrea Doria.
Delle sei galeazze che precedono lo schieramento della Lega Santa, due sono comandate da Antonio e Ambrogio Bragadin, parenti di Marco Antonio.
La retroguardia è sotto il comando dell’ammiraglio Santa Cruz con tre galee dei Cavalieri di Malta.


Lo schieramento dei Turchi
I Turchi si dispongono a mezzaluna.
Al centro dello schieramento, con 96 galee è presente il comandante Mehmet Alì Pascià con la nave ammiraglia Sultana, sul cui albero maestro sventola un vessillo verde, simbolo dell’Islam, ove il nome di Allah è stato ricamato a caratteri d’oro per ben 28.900 volte.
Di fronte ai veneziani è scherato Muhammad Saulak, detto anche Maometto Scirocco, governatore dell'Egitto, con 56 galee.
Uluj Alì detto Occhiali, cristiano di origine calabrese convertito all’Islam, con 63 galee e galeotte si trova di fronte a Gian Andrea Doria.
Una forte riserva, comandata da Amurat Dragut, si trova nelle retroguardie dello schieramento.

La battaglia
Sono le 11 di domenica 7 ottobre 1571.
Mentre le due flotte si avvicinano, sulla galea di Don Giovanni d’Austria viene inalberato lo stendardo della Lega, che reca in campo cremisi il Crocifisso con le armi del Pontefice, di Venezia e della Spagna.
La battaglia si decide al centro. Le sei galeazze veneziane aprono un violento e serrato fuoco che prende di sorpresa le navi ottomane e distrugge letteralmente le prime file dello schieramento turco. Successivamente iniziano gli abbordaggi ed emerge la superiorità delle fanterie cristiane nei combattimenti ravvicinati tra singoli gruppi di galee. Giovanni d’Austria travolge la Sultana.
Mehmet Alì Pascià viene ferito da un colpo di archibugio e si suicida per evitare la cattura.
La testa del defunto comandante ottomano viene esposta ed anche il vessillo verde cade nelle mani cristiane. Questi eventi gettano nel terrore gli ottomani.
Muhammad Saulak tenta di sfondare l’ala sinistra guidata da Agostino Barbarigo ma i veneziani, dopo iniziali difficoltà, prendono il sopravvento.
All'ala destra Uluj Alì aggira lo schieramento di Gian Andrea Doria e punta verso la Capitana, la nave ammiraglia dei Cavalieri di Malta, al cui comando è Pietro Giustiniani, priore dell'Ordine. Tuttavia grazie all’intervento dell’ammiraglio Santa Cruz capo delle retroguardie, Uluj Alì è costretto alla fuga. Alle 4 del pomeriggio i Turchi sono stati finalmente sconfitti.
Lo spettacolo è apocalittico: relitti in fiamme, galee ricoperte di sangue, morti, feriti agonizzanti.
L’Occidente è salvo. L’impero Ottomano è stato fermato. CONTINUA...

















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